Ci sono canzoni che, quando le ascolti, ti fanno vibrare le corde dell’anima.
“L’arcobaleno” è una di queste per me.
Ogni volta che la sento mi emoziono, quasi mi commuovo e poi non riesco a togliermela dalla testa per giorni e giorni. Anzi, per giorni e notti. Sì, perché continuo a sentirla anche mentre dormo.
Chissà, forse mi fa questo effetto perché mi fa pensare al mio primo vero amico, che se ne è andato a soli 19 anni… Il testo della canzone è infatti un discorso in prima persona, rivolto da una persona scomparsa prematuramente ad un amico:
Io son partito poi così d'improvviso che non ho avuto il tempo di salutare...
È una storia strana quella della nascita di questa canzone, scritta da Mogol sulla musica di Gianni Bella e interpretata da Celentano nell'album del 1999 “Io non so parlar d'amore”.
Una storia che, nonostante le successive smentite, non smette di esercitare un grande fascino, almeno su di me, che sono sempre stata attratta dai fenomeni diciamo “paranormali” o “metapsichici”.
Anno 1998. Il 9 settembre muore Lucio Battisti, un gigante della canzone italiana, la cui carriera sfavillante deve molto anche alle parole prestate alle sue canzoni da Giulio Rapetti, in arte Mogol.
Pochi mesi dopo, una donna che si qualifica come una medium, telefona alla segretaria di Mogol, dicendole di aver ricevuto questo messaggio dal defunto Battisti: «Contatta Giulio e digli di scrivere una canzone che io dedico a lui, che parli dell'arcobaleno». Mogol è scettico, non ne vuole sapere, si nega alla signora, non se la fila proprio.
Ma dopo alcuni giorni, gli arriva tra le mani il numero di ottobre 1998 di Firma (la rivista mensile del Diner's Club Italia), la cui copertina riporta l'immagine di Lucio con un grande arcobaleno, in riferimento ad un articolo scritto dal direttore della rivista all'indomani del concerto di Piazza del Campidoglio a Roma dedicato a Battisti: il pezzo nasce grazie ad un sogno molto nitido e particolare vissuto durante quella notte, nel quale Battisti indica che il ponte tra noi e l'aldilà è l'arcobaleno.

Mogol ne resta sbalordito, ma non ha il coraggio di scrivere qualcosa al riguardo: “Una canzone per me, da una persona che non c'è più? Sarebbe troppo megalomane! E poi io scrivo sempre dopo la musica, e una musica adatta ad accompagnare un messaggio che viene dall'aldilà non l'ho mai sentita.”
Ma poi una sera, dopo aver raccontato questi episodi a Celentano e Gianni Bella, quest'ultimo gli fa sentire un suo recente componimento.
E qui avviene la magia.
Mogol resta turbato da quelle note, che sembrano proprio venire da un'altra dimensione. Mettendosi in macchina da Milano a Roma, ascolta due volte il nastro fornitogli da Gianni Bella e inizia a dettare le parole alla sua amica compagna di viaggio.
A Lodi il testo della canzone è già completato.
È così che è nato L’Arcobaleno.
A LODI!!! Il primo focolaio italiano dell'epidemia di Coronavirus!!
È proprio qui che prende vita la canzone che porta lo stesso titolo del simbolo del lieto fine dell’emergenza: l’arcobaleno che per ognuno di noi oggi significa “Andrà tutto bene”, la conclusione di un incubo.
La nascita e la morte.
L’inizio e la fine.
Un arcobaleno che simboleggia anche il ponte tra cielo e terra, tra l'aldilà e il mondo.
Una coincidenza che sembra davvero impressionante.
Ma la strana storia di questa canzone non è ancora finita.
Subito dopo averla composta, Mogol telefona a casa Celentano per comunicare che la canzone è quasi pronta, anche se c’è un verso che ancora non lo convince:
L’arcobaleno è il mio messaggio d’amore, può darsi un giorno ti riesca a toccare.
È una frase troppo inverosimile, quindi Mogol si ripromette di provare a modificarlo, senza però trovare nessuna soluzione soddisfacente.
Dopo circa una settimana, spostandosi in macchina da Roma verso l’Umbria, sull'autostrada del Sole all'altezza di Settebagni, Mogol vede un arcobaleno stupendo, nitido, che finisce sul cofano della sua auto.
Ecco quindi il tocco dell’arcobaleno.
La canzone può restare così come è stata scritta d'impulso.

E quando Celentano, una notte alle 3, prova a registrarla nella sua sala di incisione in casa, cantandola quasi sottovoce, in maniera intima e melanconica, non può fare a meno di emozionarsi…. Prova ad inciderla di nuovo ma, incredibilmente, la seconda registrazione risulta perfettamente identica alla prima. Celentano si spaventa, cancella la seconda versione e tiene la prima: quella che sentiamo è l’unica interpretazione discografica che abbia mai fatto.
Così è nata una canzone che fa venire i brividi, soprattutto se la si riascolta alla luce di questa storia.
Vi invito a farlo, di nuovo, insieme:
L’arcobaleno
Io son partito poi così d'improvviso
Che non ho avuto il tempo di salutare
L'istante è breve ancora più breve
Se c'è una luce che trafigge il tuo cuore
L'arcobaleno è il mio messaggio d'amore
Può darsi un giorno ti riesca a toccare
Con i colori si può cancellare
Il più avvilente e desolante squallore
Son diventato sai il tramonto di sera
E parlo come le foglie di aprile
E vibro dentro ad ogni voce sincera
E con gli uccelli vivo il canto sottile
E il mio discorso più bello e più denso
Esprime con il silenzio il suo senso
Io quante cose non avevo capito
Che sono chiare come stelle cadenti
E devo dirti che è un piacere infinito
Portare queste mie valigie pesanti
Mi manchi tanto amico caro davvero
E tante cose son rimaste da dire
Ascolta sempre solo musica vera
E cerca sempre se puoi di capire
Son diventato sai il tramonto di sera
E parlo come le foglie di aprile
E vibro dentro ad ogni voce sincera
E con gli uccelli vivo il canto sottile
E il mio discorso più bello e più denso
Esprime con il silenzio il suo senso
Mi manchi tanto amico caro davvero
E tante cose son rimaste da dire
Ascolta sempre solo musica vera
E cerca sempre se puoi di capire
Ascolta sempre solo musica vera
E cerca sempre se puoi di capire
Ascolta sempre solo musica vera
E cerca sempre se puoi di capire
Anche se qualche anno dopo, nel 2002, la presunta medium, che dette il “la” a questa strana storia, dichiarò di essersi inventata tutto, le coincidenze che la canzone porta con sé restano comunque sbalorditive e lo stesso Mogol, anche in seguito alla smentita, continuò a parlare di questi avvenimenti nel corso di diverse interviste senza far menzione della ritrattazione.
In questo tristissimo momento storico, in cui la tragedia più grande e più difficile da elaborare è il fatto che tante persone stiano perdendo la vita in solitudine a causa del Coronavirus, mi auguro con tutto il cuore che ascoltare questa canzone possa rappresentare un balsamo per l'anima di chi ha perso qualcuno, un ultimo messaggio d'amore da parte di chi se ne è dovuto andare senza poter salutare i propri cari.
Qui è possibile ascoltarne anche un’interpretazione di Simone Cristicchi:
Fonti
Intervista in cui Mogol racconta la storia della canzone "L'Arcobaleno":
https://www.youtube.com/watch?v=6DygUuO6sT0
https://www.youtube.com/watch?v=JH1FWM936Qw.